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fatto giorno

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È fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi 

con i panni e le scarpe e le facce che avevamo. 

Le lepri si sono ritirate e i galli cantano,

ritorna la faccia di mia madre al focolare.

 

 ***

 

Le foglie sono dei fanciulli scalzi

1948 da Invito ( È fatto giorno)

 

Sono fresche le foglie dei mandorli 

i muri piovono acqua sorgiva

si scelgono la comoda riva

gli asini che trottano leggeri.

Le ragazze dagli occhi più neri

montano altere sul carro che stride, 

Marzo è un bambino in fasce che già ride. 

E puoi dimenticarti dell’inverno:

che curvo sotto le salme di legna

recitavi il tuo rosario

lungo freddi chilometri

per cuocerti il volto al focolare.

Ora ritorna la zecca ai cavalli,

ventila la mosca nelle stalle

e i fanciulli sono scalzi

assaltano i ciuffi delle viole.

 ***

 

LUCANIA

1940  da Invito ( È fatto giorno

 

 M’accompagna lo zirlio dei grilli 

 e il suono del campano al collo

 d’una inquieta capretta.

 Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d’argento 

e là, nell’ombra delle nubi sperduto

 giace in frantumi un paesetto lucano

 ***

 

ARCOBALENO

da È calda così la malva ( È fatto giorno)

 

 

I miei segreti, il mio male

canta l’uccello siepale.

Quando piove uno pensa 

inghiottito in una stanza

e non gli può bastare compagnia. 

Amata ragazza mia,

m’hanno permesso la vita 

che meno vedendoti comparire

sotto la luce dell’arcobaleno.

 ***

 

NATALE

da Neve ( È fatto giorno)

 

Si cammina su e giù

lungo le stazioni e queste vie.

C’è chi mi dice: Abbandona la nebbia, 

abbandona l’asfalto grasso,

le vetrine: luce di dieci candele

pende su baschi e giocattoli.

Le mie famiglie riempiono le case, 

hanno lasciato la tavola intatta

per il bambino della mezzanotte.

 ***

 

GIA’ SI SENTONO LE MELE ODORARE

1947 da Neve ( È fatto giorno)

 

Già si sentono le mele odorare

e puoi dormire i tuoi sonni tranquilli, 

non entra farfalla,

a prendere il giro attorno al lume. 

Ma non ho mai sentito tante voci 

insolite salirmi dalla strada

i giorni ultimi di ottobre,

la sorella mi cuciva le giubbe

ed io dovevo andarmene a studiare 

nella città sconosciuta!

E mi sentivo l’anima di latte

alle dolci parole dei compagni 

rimasti soli e pudichi alle porte.

Ora forse devo andarmene zitto

senza guardare indietro nessuno,

andrò a cercare un qualunque mestiere. 

Qui uno straccio sventola sui fili

e le foglie mi vengono a cadere

dalle mele che odorano sul capo.

 

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